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sabato, 18 Maggio 2024

I ribelli di Foodora

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Giulia Zanotti
Giulia Zanotti
Giornalista dal 2012, muove i suoi primi passi nel mondo dell'informazione all'interno della redazione di Nuova Società. Laureata in Culture Moderne Comparate, con una tesi sul New Journalism americano. Direttore responsabile di Nuova Società dal 2020.

di Giulia Zanotti

La consegna di pranzi e cene a domicilio in bicicletta piace sempre di più ai torinesi, ma scontenta i lavoratori. Parlano chiaro i dati di Foodora, la star-up che porta il cibo dei ristoranti a casa in bicicletta: in un anno dalla nascita la crescita è del 75 per cento mensile. Ma non quella dei suoi lavoratori, che per ogni ordine ricevono solo 2,70 euro. Nessun fisso e tanti chilometri da macinare tra il traffico cittadino armati solo di bici, caschetto e cesta porta vivande tutto dell’ormai inconfondibile colore rosa.
E così ormai da un paio di settimane la protesta dei rider ha iniziato a farsi sentire, dal tam tam dei social network per denunciare le proprie condizioni di lavoro, alla richiesta di boicottare il servizio fino al primo sciopero di sabato scorso, quando proprio all’ora di cena molte biciclette sono state lasciate legate alle rastrelliere.
Azioni che avrebbero avuto già le prime conseguenze visto che alcuni dei rider “ribelli” sarebbero stati sospesi dall’app che permette di prenotarsi per i turni di lavoro. Meraviglie della sharing economy. Di un sistema in cui non si può nemmeno più parlare di licenziamento, visto che quello di Foodora, come lo definisce con un ossimoro lo stesso manager dell’azienda Gianluca Cocco, è «un lavoro a tempo libero», «per chi vuole guadagnare un piccolo stipendio e ha la passione per andare in bicicletta».
Infatti, i lavoratori della start up sono per lo più giovani sotto i 30 anni, studenti universitari, neolaureati e precari che hanno scelto la star-up di take away per arrotondare uno stipendio che non fa arrivare a fine mese o per guadagnare qualcosa mentre si studia. Ma 2,70 euro a consegna, senza alcun fisso, non è abbastanza: «Magari in un giorno ricevi solo una o due richieste di consegna, e poi a volte anche se hai la bici andare da una parte all’altra della città con il traffico o la pioggia non è facile, porta via tempo, molto più di quello che è il guadagno». Da qui, come detto, la protesta, che però non è piaciuta all’azienda.
La richiesta di Foodora è quella di un «dialogo diretto con i collaboratori», senza clamori e proteste. Senza scioperi né assemblee dei lavoratori. Pena, l’eliminazione dai Whatsapp e dall’App per gestire i turni di lavoro. Ultima frontiera del licenziamento nel mondo del lavoro flessibile.

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