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venerdì, 19 Aprile 2024

Emergenza Coronavirus: primi licenziamenti per la crisi ed è dramma sociale per i lavoratori in nero

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

I Tribunali sono chiusi a causa dell’emergenza sanitaria. Sono tenute solo le udienze più urgenti. Si registrano però anche nel torinese i primi licenziamenti motivati dalla crisi legata al Covid-19. Un dramma nel dramma che rischia di farci piombare indietro di 8-10 anni. Ne parliamo con l’avvocato Federico Depetris, giovane giuslavorista torinese collaboratore del nostro quotidiano.

Avvocato Depetris è stato in tribunale nei giorni scorsi? Che clima si respira?

Tutte le mie udienze della scorsa settimana sono state rinviate. Non avevo udienze di particolare urgenza e quindi non ho dovuto accedere al Palazzo di Giustizia, dove comunque so che gli ingressi sono contingentati e riservati solo ai colleghi che hanno le udienze confermate.

Come procede l’attività lavorativa degli avvocati?

Mi sono organizzato per lavorare da casa. Passo in studio solo a prendere e riportare i fascicoli, e ritirare la posta. Lavoro incessantemente sulle cause e fascicoli che avevo già in carico. Studio, scrivo, faccio telefonate. Insomma, faccio tutto quello che si può fare senza dover ricevere i clienti o comunque incontrare persone. Dobbiamo fare uno sforzo per fermare i contagi. Nel mio piccolo faccio la mia parte.

Cosa sta succedendo nel mondo del lavoro?

Le attività produttive proseguono. Abbiamo visto e letto tutti delle legittime proteste degli operai che lamentano condizioni di sicurezza scarse o assenti. I datori di lavoro devono garantire la distanza di sicurezza tra operai, i quali devono essere dotati anche di idonee protezioni. Parrebbe che questi accorgimenti non siano stati presi da molte aziende. E poi stanno arrivando i primi licenziamenti …

Ha notizia dei primi licenziamenti per il COVID-19?

Purtroppo, sì. Ho ricevuto le prime telefonate di lavoratori, anche a tempo determinato, lasciati a casa prima della scadenza del contratto. È solo l’inizio. Prevedo uno tsunami di licenziamenti causati dalla inevitabile crisi economica. Il commercio e i pubblici esercizi (bar e ristoranti) credo saranno i primi ad essere duramente colpiti qualora il blocco superasse i quindici giorni. Ripeto. Ci sono già stati i primi licenziamenti. Dovremmo valutare caso per caso quali licenziamenti impugnare e quali no. La situazione è e sarà eccezionale, ma dobbiamo anche evitare che ci sia chi pensa di approfittarsi del coronavirus per lasciare ingiustamente a casa i lavoratori.

Come crede si possa fermare la valanga di licenziamenti che si prevedono?

Ho sentito il governo promettere che nessuno avrebbe perso il proprio posto di lavoro a causa del coronavirus. Spero non siano solo parole finalizzate ad evitare proteste. È necessario un intervento deciso, senza precedenti. Bisogna garantire a tutti il mantenimento del proprio reddito. Va bene la cassa integrazione, ma bisogna anche pensare ad altre forme di intervento a sostegno dell’imprenditoria. Non basta posticipare le scadenze fiscali e contributive. Bisogna prevedere degli sconti, massici, anche sulle imposte relative al 2019 e che dovranno essere saldate nei prossimi mesi. Alle aziende deve essere lasciata quanta più liquidità possibile. Solo così possiamo sostenere la domanda e quindi permettere che le imprese rimangano in piedi. Sforiamo il rapporto deficit-Pil a prescindere da quello che ci dice o chiede l’UE. Qui è in atto un evento eccezionale che avrà conseguenze drammatiche, non è il tempo di fare della piccola ragioneria.

Cosa accade ai lavoratori in nero in un settore, come quello dei bar e ristoranti?

Ho ricevuto anche su questo problema le prime telefonate. Camerieri e cuochi lasciati a casa per via della chiusura dei bar e ristoranti senza ferie o permessi perché assunti irregolarmente. È un dramma. Queste persone non hanno diritto nemmeno alla disoccupazione. In questi casi l’unica alternativa è reclamare la regolarizzazione della posizione lavorativa. Sono purtroppo al lavoro sui primi casi di questo tipo. Il fatto è che non siamo in grado di garantire una risposta tempestiva a queste persone. Sono certo che otterremo giustizia per questi lavoratori, ma non ho certezze sulla tempistica.

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