È allarmante l’analisi che Angelo Catanzaro, responsabile regionale dell’Ufficio H (disabilità ) della UILP Piemonte ha fatto il 9 aprile al Parlamento Europeo di Bruxelles all’interno del convegno sul turismo e il lavoro accessibile organizzato dal parlamentare Daniele Viotti del Partito Democratico. L’Italia per una volta ha un primato in Europa: l’80,3% di persone con disabilità in età lavorativa disoccupate, mentre in Spagna le persone con disabilità disoccupate sono il 32,2%, e in Francia al 28,7%.
La Commissione Europea, nel 2013 ha citato l’Italia davanti alla Corte di Giustizia UE per l’incompleto recepimento della direttiva 2000/78 sulla lotta alla discriminazione sul lavoro, discriminazioni che continuano ad esserci, infatti a 20 anni dall’entrata in vigore della legge 68/99, il quadro è tutt’altro che positivo. L’esclusione dal mondo del lavoro è una delle principali cause di svantaggio e di marginalità, è una delle più evidenti dimostrazioni di quanto lo stigma, il pregiudizio, le omissioni, i ritardi condizionino ancora le politiche sulla disabilità, i servizi, il contesto produttivo stesso. E anche in questa evidenza vi sono sacche di disparità altrettanto odiose: l’esclusione dal mondo del lavoro, infatti, colpisce in modo ancora più grave le donne con disabilità, le persone con disabilità intellettiva o relazione, più al Sud che al Nord.
Riguarda anche le assunzioni presso la Pubblica Amministrazione, e non solo le aziende private. Causa del mancato inserimento lavorativo delle categorie protette secondo il sindacalista è anche il fatto che i centri per l’impiego non possono effettuare correttamente i controlli presso le aziende pubbliche e private perché sotto organico e con attrezzature informatiche obsolete, infatti solo il 17% delle persone con disabilità collocate dichiarano di aver trovato lavoro grazie al collocamento mirato. Altra importante ragione secondo Angelo Catanzaro è dovuto al basso livello di scolarizzazione delle persone con disabilità, infatti in Piemonte solo il 2,9% delle persone con disabilità sono laureate mentre il 7,5 ha solo il titolo di diploma di scuola media superiore.
A 10 anni dalla ratifica della convenzione della Nazioni Unite per i diritti delle persone con disabilità, siamo ancora qui a chiederci se il testo ratificato dall’Italia con la legge 3 marzo 2009, n.18 è davvero attuato. Prendiamo ad esempio l’articolo 24 dedicato all’istruzione: «Gli Stati Parti riconoscono il diritto delle persone con disabilità all’istruzione. Allo scopo di realizzare questo diritto senza discriminazioni e su una base di eguaglianza di opportunità, gli Stati Parti faranno in modo che il sistema educativo preveda la loro integrazione scolastica a tutti i livelli e offra, nel corso dell’intera vita, possibilità di istruzione finalizzate: al pieno sviluppo del potenziale umano, del senso di dignità e dell’autostima ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della diversità umana e allo sviluppo, da parte delle persone con disabilità, della propria personalità, dei talenti e della creatività, come pure delle proprie abilità fisiche e mentali, fino al loro massimo potenziale» e ancora l’articolo 27 dedicato al lavoro: gli Stati Parti riconoscono il diritto delle persone con disabilità al lavoro, su base di parità con gli altri; ciò include il diritto all’opportunità di mantenersi attraverso il lavoro che esse scelgono o accettano liberamente in un mercato del lavoro e in un ambiente lavorativo aperto, che favorisca l’inclusione e l’accessibilità alle persone con disabilità, così come l’articolo 26 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea. Le norme ci sono e l’Italia su questo è all’avanguardia, ma i diritti sono solo sulla carta.